2006
Kos

UN NUOVO REALISMO
di Elena Pontiggia

Da molto tempo, diciamo da una ventina d’anni, c’è un artista a Milano che cerca di rappresentare la vita della città contemporanea. Ne indaga tutti gli aspetti, soprattutto quelli più comuni (tram, strade, traffico, case, vagoni e fermate della metropolitana), e quelli così consueti che non vi prestiamo più attenzione (l’interno di una stanza, un balcone, un lavello, un corridoio). Questo artista singolare è una donna e si chiama Letizia Fornasieri.
L’aggettivo “singolare”, ci rendiamo conto, contrasta un po’ con quello che abbiamo appena detto. Ma come? Non abbiamo appena finito di scrivere che questa artista dipinge cose che conosciamo benissimo? E poi il realismo (perché di questo si tratta) non è una tendenza tanto rara, anzi ha una tradizione illustre, rinverdita recentemente da alcuni artisti delle ultime generazioni che in modi differenti vi si sono riallacciati. Eppure quella singolarità cui accennavamo prima esiste. E cercheremo, per quanto ci riesce, di spiegarla.
Nell’arte moderna il “realismo”, inteso come un’arte che si concentra sulla vita concreta, ha prevalentemente inteso la realtà nei suoi aspetti più dolorosi. Come la intendeva Gombrowicz: “La realtà è ciò che resiste, e che per questo crea dolore”. [...] Continua...

UN TRAM ARANCIONE A MILANO
di Gad Lerner (Aprile 2006)

Perché mi mette allegria quel tram arancione che squarcia il gelo dell’inverno milanese sferragliando tra rami d’albero così secchi da parere aculei? Me lo sono dovuto chiedere sul serio, ben prima di scrivere queste righe, e non solo perché quel grande tram arancione dipinto da Letizia Fornasieri l’ho molto desiderato e ora lo frequento tutti i giorni con luci diverse tra le mie cose più care. Ho un motivo in più, una sorta di responsabilità che mi sono assunto nei confronti di altri, per confrontarmici: quel jumbo in movimento nella neve grigia della quotidianità invernale – cioè nella più autentica condizione esistenziale milanese – rappresenta intensamente il luogo dove ho trascinato vite altre. Potranno mai accettare che vi sia della bellezza lì dentro, persone nate e cresciute in città fatte di mare, di fiume, di collina, di trasparenze, di acciottolati, di centri storici come salotti? In pratica diciamo che sono tornato a vivere a Milano dopo un decennio d’assenza. Ma non ci sono tornato da solo. E chiamavo nuovi congiunti a confrontarsi con la bruttezza ospitale dei luoghi in cui – nato pure io altrove, sull’altra sponda del mare – ho trascorso l’infanzia e la gioventù. Sono esattamente i luoghi di Letizia Fornasieri. Lontano dal folklore del Ticinese o delle varie porte, lontano dalla gloria del Duomo o dal lusso del centro, la nostra Milano piccolo borghese coincide nelle viuzze di traverso fra il Casoretto e Città studi, dove la metropolitana ci raggiunse da bambini colorando al neon paesaggi urbani altrimenti uniformi. [...] Continua...

LA SCOMMESSA DI UN GALLERISTA
di Jimmi Rubin

Letizia Fornasieri e io abbiamo cominciato a collaborare nel 1998. Io avevo appena aperto una galleria in via Marco de Marchi a Milano mentre Letizia poteva già vantare un curriculum di tutto rispetto, un diploma all’Accademia di Brera con il massimo dei voti, l’aggiudicazione di un premio di pittura importante (il Dalla Zorza) e il rapporto consolidato con una galleria di antica tradizione. Il mio interesse per il suo lavoro, nato da un incontro fortuito ma subito rivelatosi intenso, in quel momento poteva nascere più dal cuore che dall’esperienza.
Fui sedotto dalla potenza delle immagini, di un’immediatezza brutale ma controllata, da una tecnica di grande scuola che ricordava i maestri del primo Novecento, e non mi feci tanto condizionare da chi la trovava fuori moda e lontana dalle tendenze più avanzate dell’arte contemporanea. Mi sembrava che io e lei fossimo due “outsider” e questo rafforzava la complicità e il desiderio di avere successo in un ambiente non privo di un radicalismo coatto e convenzionale. Trovavo l’universo di Letizia, molto legato ai valori tradizionali della cultura femminile (declinati con vigore), assolutamente originale e insolito, e l’ambiente familiare che aveva fatto maturare i suoi temi veramente fuori dagli schemi. La mamma, casalinga, è stata tra le primissime studentesse della Bocconi e i numerosi fratelli e sorelle sono tutti dotati di grande vivacità intellettuale e talento artistico. Annetta, la sorella più giovane, è handicappata grave ma rivela anche lei sorprendenti abilità al pianoforte. [...] Continua...