1989
Letizia Fornasieri '89

SOGLIA
di Paolo Biscottini

SOGLIA. La pittura di Letizia Fornasieri si articola in tre filoni fondamentali coerentemente legati fra loro a conferma di una ri­cerca progressiva che, oggi si affaccia - quasi malgrado le inten­zioni dell'artista stessa - verso una quarta prospettiva.
Non esiste una precisa cronologia che scandisca i tempi di questa succes­sione, il cui senso è rintracciabile nel magma del mondo interiore e quindi fluisce e rifluisce nel dinamismo della coscienza e nell'affiorare delle sedi­mentazioni della memoria.
Così le nature morte - sicuramente il primo stadio della pittura della Fornasieri - sono ancora oggi un luogo privilegiato dell'attenzione dell'ar­tista, che non cessa di cercare fra la luce e lo scuro la forma ed il suo miste­rioso esistere innanzi a noi. Nature morte, frutte, oggetti della camera in cui dipinge e vive. E di questa vita affiora talora, con il pudore di chi non vuole mai dire qualcosa di sè, un colore diverso, un oggetto; lacerti di una femminilità intensa e interiore, presente nell'amore per le proprie cose, i propri mobili, le stanze.
Stanze di cui si indovina il silenzio, la meditazione interrotta a tratti da momenti di gioia intensa, i fiori accesi, la luce del giorno, le tende a fiori. La natura morta diviene un dettaglio fra altri innumerevoli dettagli che compongono il caos del giorno: una camicetta, un cassetto aperto, libri e ancora colori, frutti ... silenzio, solitudine e talora intenso e doloroso raccoglimento. [...] Continua...

Le prime opere che vidi di Letizia Fornasieri furono una serie dei suoi "interni": porte aperte su stanze gremite di intensi segni di vita, dove raramente compare la figura umana ma se ne avverte la presenza attraverso i libri squadernati, i cassetti aperti, le sedie in­gombre di indumenti accatastati in un generale senso di provvisorio per quanto riguarda le collocazioni specifiche degli oggetti  ma non di precarie­tà delle situazioni. Tutto visto dal basso, in prospettiva scorciata, come se la pittrice, e noi con lei  procedessimo carponi sul pavimento, e guardassi­mo in su, dal buio e dall'esterno, verso il calore aspro e luminoso dell'am­biente abitato; invincibilmente difeso, quest' ultimo, da una sua fervida in­timità, come se la presenza quasi invisibile ma potente della persona lo sa­turasse e non desse spazio ad alcuna intrusione.
Subito, per istinto -o, se si vuole, per deformazione professionale - pensai a che cosa si potesse ricollegare questa pittura così forte e incisiva (che si di­rebbe inquietante, se l'inquietudine non suggerisse un'idea di incertezza e ambiguità, mentre qui possiamo leggere l’insondabilità del mistero, ma non il fluttuare di incertezze e trasalimenti). [...] Continua...

di Rossana Bossaglia