2001, Il Giornale

IL SEMAFORO DIVENTA METAFISICO
FORNASIERI DIPINGE LA REALTÀ-IRREALTÀ CITTADINA

Diceva Robert Adams che un artista ha un solo mezzo per descrivere un mondo migliore: guardare il mondo che ha davanti. Adams si riferiva alla fotografia, ma la riflessione è valida anche per gran parte della pittura. Lo conferma, ad esempio, la mostra di Letizia Fomasieri, aperta fino al 27 gennaio a Milano da Lawrence Rubin (presentazione di Rossana Bossaglia).
L'opera dell'artista milanese appartiene alla famiglia del realismo espressionista, anzi si radica (cosa piuttosto rara oggi) nel solco del realismo esistenziale, oltre che nella figurazione degli anni Ottanta. I suoi dipinti, però, non cercano nella realtà quello che si vede. Cercano soprattutto quello che non si vede. Così le sue opere ci mostrano frutti e piante grasse, strade e tram, oggetti d'uso comune e dettagli senza storia. Ma muovono dall'idea che quei frutti e quei tram, come tutte le cose, siano l'apparenza (o l'apparizione) di un mistero più vasto di cui ci sfuggono i confini, impegnati come siamo a usarle, quelle cose, senza avere il tempo di pensarci.
Quando Letizia dipinge le vie congestionate dal traffico, o i semafori affastellati come mostruosi mazzi di fiori, non ha in mente una denuncia sociale. Quello che vuole raccontarci, invece, è una quotidiana carica di presenze, di rimandi, insomma una dimensione metafisica. La sua figurazione storta, angolosa, ammaccata ci ricorda che la vita è faticosa anche per noi, uomini del cyberspazio e della new economy.
La volumetria non lascia dubbi sul fatto che ogni cosa abbia un peso e sia un peso. Le sue angolature pericolanti, le sue prospettive concitate ci fanno urtare, più che contemplare, i soggetti che dipinge. Ma poi ci sono i suoi colori, accesi e teneri, a insegnarci che, per trovare la luce (in tutti i sensi) non occorre andare lontano. Anche un tram in ritardo, che avanza a colpi di clacson e di improperi tra i catorci delle macchine, può squarciare il velo grigio dell'esistenza, cittadina, anzi dell'esistenza.

di Elena Pontiggia