2000, Il Giornale

I PAESAGGI METROPOLITANI DELLA MILANO DEL DUEMILA

Non era mai capitato a nessuna pittrice del secondo dopoguerra l'acquisto immediato di 13 grandi opere, frutto del lavoro più recente. È quanto è successo alla pittrice milanese (classe 1955) Letizia Fornasieri che ha trovato in Jimmy Rubin il mercante giusto che le ha organizzato una prestigiosissima mostra nella sua galleria, la "Lawrence Rubin" gemella di quella newyorkese di cui in America si parla molto dopo l'esposizione del promettente Frangi. La mostra, aperta da qualche giorno e visitabile fino al 27 gennaio in via De Marchi al numero 1, lascia intendere come finalmente il mercato dell'arte inizi a interessarsi della giovane arte italiana, cui la Fornasieri pare proprio ascriversi a grandi lettere. Che vuole ancora significare come ci siano giovani artisti che esprimono nella loro arte l'ansia del proprio tempo, e dunque scrivono con colori il mondo che li circonda, il loro quotidiano.
Per la verità questa giovane pittrice s'era già fatta notare nel lontano 1981, appena uscita dall'Accademia di Brera, partecipando al famoso Premio San Fedele, nella cui galleria aveva poi tenuto la sua prima mostra nel 1987. Schiva di carattere, appartata e mai facile da avvicinare, ha dedicato, come tutt'oggi fa, ore intere della sua giornata sia nel piccolo studio di casa in via Vallazze, che nel loft più grande di via Teodosio, a dipingere la realtà della vita; nello spessore più vero e più caldo dell'esistere, attingendo a quel banale che spesse volte a noi sfugge proprio perché sempre sotto gli occhi.
Due per la verità i filoni cui la Fornasieri ha indirizzato la sua pittura, anzitutto il tema degli oggetti domestici, quotidiani, quelle cose che già Guido Gozzano, poeta d'inizio secolo, chiamava come di «pessimo gusto». Ecco dunque cipollotti, piante grasse, tazze, il dentifricio, una serie infinita di fiori, come i ciclamini, e ancora sedie con melograni, pesche, e tutto ciò che le capita a tiro, con persino i suoi tubetti di colore. È vero da sempre che dipingere sul serio vuoi dire, parafrasando il poeta tedesco Rilke, che occorre prestare orecchio, cuore e mente. E la stessa pittrice a sussurrarcelo, mentre guarda gli oggetti che ha intorno.
Ma c'è anche un altro filone a nostra avviso molto più interessante ed è quello legato ai soggetti metropolitani, al paesaggio urbano e a quanto in esso vive. Ecco le zoomate sui taxi gialli e bianchi, sui grovigli di fili che intersecano e tagliano il cielo, sui semafori, sui tram, sulle filovie, sui pali gialli e su quelli aranciati delle fermate cittadine, sulle parti di città ingrigite, tutto un mondo cittadino, pulsante e vivo; ripreso a grandi pennellate, tirate in lungo e in largo, decise e forti. Questi soggetti metropolitani hanno poi la forza di essere rappresentati scenograficamente in modo come mai s'era visto da qualche tempo, con prospettive sfuggenti e oblique. Finalmente Milano si racconta pittoricamente all'alba del nuovo millennio, aprendo il cuore ai colori e al segno.

di Carlo Franza