2009, Il Giorno
Il personaggio: Letizia Fornasieri alla Galleria Rubin
CERCO IN TRAM L’ANIMA DI MILANO SUI MEZZI PUBBLICI
RITROVO LE COMPARSE DI UN COMUNE DESTINO UMANO
Come un'artista guarda Milano, che città d'arte non è? «L'assedio, la costringo a sputare le sue ragioni. La realtà, se la interroghi, risponde». Parola di Letizia Fornasieri, artista che non ama gli aggettivi: «Per cominciare, l'arte non è femminile nè maschile. È la proposta di un'esperienza, di una persona. Quando a Palazzo Reale hanno allestito la mostra sulla pittura delle donne, non ci sono andata apposta».
Le donne però, le dipinge. Per la nuova mostra alla Galleria Rubin di Milano, «Il tram e la bambina», l'ultimo quadro arrivato è la «Bambina rossa». Che ha appena imparato a stare in piedi, appoggiata al grande letto-coperta della mamma, davanti a una distesa di colori: «Sta imparando a guardare le cose che la vita mette davanti, di traverso, o in modo più disteso. A guardare con uno sguardo dentro di sé, chiedendosi costantemente tanti perché …» E l'autrice, che ha 54 anni, cosa cerca? «Non cerco tanto per cercare, mi fanno ridere quelli che dicono così. lo cerco le chiavi per entrare in casa».
Le ha trovate. In senso lato, Milano è la sua casa. Abita dalle parti di viale Abruzzi, dove ci sono case Ottocento massicce e alberi, che lei guarda la sera. Dipinge ombre fisiche, pesanti. Nella città disseminata sempre di cartelli «lavori in corso», coglie le permanenze, la stabilità: «Io sono una stanziale». Forse per le solide radici familiari, la nonna materna allieva della scuola d'arte domenicale nella Torre di Ansperto, o per la propria capacità di entrare in confidenza con le cose, Letizia riesce a decifrare l'anima di Milano: «Un po' provincia e un po' Shangai, Navigli e BIade Runner ... », commenta il critico Luca Beatrice. E Rossana Bossaglia osserva come le sue rappresentazioni non entrino in polemica con il traffico. Il turbolento dinamismo di automobili, tram, taxi, semafori, insegne, sulle tavole lavorate energicamente a spatola, è vitalità. Dove andiamo? «Liberamente verso il nostro destino. Perciò mi interessa dipingere il tram. Ha una direzione, un binario. Tante fermate giuste per chi deve scendere. È l'elemento che vince, s'impone, viene verso di noi come un rompighiaccio. Il traffico si scansa, lo lascia passare».
Col suo bell'arancione violento, stravagante, allucinato, contorto, il tram è un personaggio (toro o torero?) da corrida. Anche il poeta Giovanni Raboni ne era affascinato. Gilio Dorfles ha approvato l'estetica pubblicitaria che ha colorato i mezzi di trasporto nella grigia metropoli. Sì, piacciono anche alla Fornasieri. Che sale anche sul metrò. A ritrarre passeggeri anonimi, non i volti, ma la curvatura delle spalle, il collo, la geometria delle braccia e delle mani strette a pugno. Tutti, tutte comparse di un destino comune. Realismo lombardo. Ma perchè non usa la fotografia, strumento preferito dalle nuove generazioni? «Credo sia una bella trappola, anche se sembra proteggerti. Nella pittura, invece, uno rischia il gesto, e viene fuori il proprio io», Nel 1993, finalmente, è riuscita a dipingere il suo autoritratto. E solo nel 2002 il volto di Annetta, la sorella disabile, che vive con lei e con la madre. Un'opera riconosciuta bellissima, per lo stile maturo e sintetico. Ma Letizia non è d'accordo: «L'arte, in qualche modo, scarta il difetto. La vita, invece, lo accetta, ne trova la ragione. La vita è più grande».
di Anna Mangiarotti