2000
Letizia Fornasieri, Opere recenti, Galleria Rubin, Milano
A cura di R. Bossaglia
Mi ha sempre colpito, in Letizia Fornasieri, il duplice ma non contraddittorio atteggiamento nei confronti della realtà quotidiana: lo sguardo che non è mai eufemistico, né compiaciuto, anche quando tocca immagini di gradevole impatto visivo; e nel contempo è attento e coinvolto in ogni particolare dell'ambiente, quelli che consideriamo i più ovvii e banali, sagome di veicoli in moto, pali della luce, o, all'interno delle abitazioni, pentole da cucina, bottiglie di plastica.
Se usciamo con l'artista nelle strade, ci avvolge un turbine visivo: automobili, tram, semafori, insegne, vissuti nel loro continuo passare sotto i nostri occhi, o perché ci corrono incontro o perché siamo noi che corriamo, superandoli. Non è detto che la Fornasieri viva questa realtà in forma polemica; ma neppure che la registri con l'occhio freddo di matrice popartistica: il tumulto della città è il luogo in cui viviamo; esso non ci consente di placare lo sguardo in attitudine contemplativa e anzi spinge la raffigurazione ai limiti di una stesura astratta.
La città, e Milano in particolare, è un tema che ha molto coinvolto le giovani leve artistiche, tanto che ha dato luogo a una produzione di forte significato. In un tale contesto la Fornasieri si presenta non soltanto con un'indistinguibile fisionomia, ma con una forza creativa sorprendente. Dicevo in esordio che non è certo un'artista eufemistica ed è aliena da qualunque compiacimento rappresentativo; la sua energia è, anzi, drammatica; ma non esprime un dramma negativo: è uno stare dentro la vita, cogliendo anche nel quotidiano più ovvio la presenza, l'essere delle cose, e nel turbolento dinamismo della città esterna una vitalità che via via si rigenera. Gli oggetti di casa, le strutture dell'ambiente non sono cose: siamo noi, anche se la presenza umana non è raffigurata in alcuno di questi quadri.
Brani tratti dal testo di Rossana Bossaglia, Novembre 2000